sabato 26 novembre 2016

Il Medioevo: i profumi e caratteristiche delle erbe aromatiche





Con la caduta dell’impero romano nel 476 d.C. viene in parte smarrito, o dimenticato tutto il bagaglio di conoscenze, scientifiche e non, e di usi e costumi acquisito dall’Occidente nel corso di secoli di scambi tra i popoli del bacino del Mediterraneo.

Grazie all’opera di conservazione della chiesa, molti documenti antichi sopravvissero alle invasioni barbariche; ma fu soprattutto grazie al mantenimento di una fitta rete di contatti e scambi commerciali col vicino Oriente (soprattutto con gli Arabi) che prosegue e si sviluppa la cultura e la scienza nel Medioevo.

Il cattolicesimo è ormai riconosciuto e diffuso. L’uso dell’incenso si diffonde al di fuori del culto. Gli aromi, considerati beni preziosi, sono offerti durante le grandi occasioni, in previsione di scambi futuri: il califfo di Bagdad, Haroun al-Raschid, ne offre all’imperatore Carlo Magno.


Grazie alle Crociate (1096-1291) gli scambi tra Oriente e Occidente si intensificano, migliorando così i canali commerciali. I Crociati importano dall’Oriente aromi e spezie nuove e reintroducono l’abitudine di accompagnare la toilette con applicazioni profumate. Dal 10° al 15° secolo, Venezia è il grande centro della distribuzione e del commercio marittimo in tutta l’Europa. In Spagna, gli Arabi danno un grande contributo alla profumeria: dal 10° al 13° secolo Cordova rivaleggia con Bagdad in lusso ed erudizione.

Si sviluppa una grande concorrenza tra apotecari, speziali, venditori di erbe e venditori di aromi. Nel 13° secolo, si cominciano a regolamentare in modo più preciso le differenti corporazioni dei Mestieri.

Nel Medioevo, uomini e donne si bagnano spesso: come nell’Antichità, i bagni sono aromatizzati con erbe e profumi. Costituiscono una norma di cortesia nei confronti degli invitati. I bagni sono fatti senza divisione tra i sessi, vi vengono serviti i pasti. Solo i grandi personaggi hanno bagni privati; vi sono anche numerosi bagni pubblici a cui chiunque può accedere. Il ruolo igienico dei bagni serve talvolta come pretesto per altre attività. In seguito a numerosi scandali, i magistrati chiedono che i sessi siano separati e il clero esige la chiusura definitiva dei bagni.

A tavola vengono portate ai convitati bacinelle di acqua profumata per sciacquarsi le mani: a quest’epoca infatti si mangia ancora con le mani.

Fino al Rinascimento, l’uso dei profumi alla VIOLETTA  alla LAVANDA, al FIORE D'ARANCIO si diffonde presso le dame nobili o fortunate e quelle eleganti nascondono sotto le loro vesti o nella biancheria sacchetti profumati.

Nel 1347, un vascello genovese di ritorno da un viaggio sulle coste del Mar Nero, riporta con sé la peste. Nel giro di un anno tutta l’Europa è contagiata: aspersioni, fumigazioni e vini aromatizzati sono utilizzati per lottare contro il contagio. Uomini e donne inalano materie aromatiche preziose contenute in palline odorose, chiamate anche mele di musc o di ambra, in seguito pomanders.
Per purificare e profumare le case si brucia dell'ALLORO o del ROSMARINO  nei camini e si cosparge il pavimento di erbe odorose.

A Salerno si scopre la distillazione dell’alcool. Sostituendo l’olio come eccipiente del profumo, questo liquido volatile e neutro trasforma radicalmente la profumeria: è nata la profumeria alcolica.
Cinquant’anni dopo, verso il 1370, la regina Elisabetta di Ungheria ispira il primo nome di un profumo: l’acqua di Ungheria, un estratto di rosmarino e di lavanda a base di alcool. Secondo la leggenda, l’eremita che compose questa fragranza e che la presentò alla regina le assicurò anche che avrebbe mantenuto intatta la sua bellezza fino alla morte. Sembra che l’incanto avesse funzionato, dal momento che Elisabetta di Ungheria sposò il re di Polonia all’età di 70 anni.

A quest’epoca Grasse è già rinomata per le sue concerie. Dal 12° secolo intrattiene fitti legami commerciali con Genova ma soprattutto con la Spagna dalla quale acquista le pelli. Gli abitanti di Grasse distillano già le piante e vendono i loro prodotti sui mercati, ma la città non ha ancora ottenuto una grande fama.

Apparso verso la fine del 16° secolo, l’aceto aromatico è tradizionalmente una miscela di aceto al quale si aggiungono in proporzioni variabili prodotti odorosi naturali e freschi, solitamente essenze di fiori e di frutti. Il prodotto, dall’aroma intenso viene utilizzato come rimedio contro i malanni: se ne fanno solitamente inspirare i vapori alle dame che svengono, per rianimarle.
Sacchetti profumati

Non c’è modo migliore per profumarsi che riporre aromi con i propri vestiti.

Alcune “ricette della nonna”:

    Le rose dalla Provenza sono le migliori da mettere nella biancheria.
    Un'acqua dolce per profumare i vestiti deve contenere: acqua di rosa, lavanda, iris, gelsomino, muschio, un pizzico di ambra grigia e lo zibetto, qualche goccia di olio di chiodo di garofano; il tutto messo in un vaso di vetro con coperchio e posto sul davanzale di una finestra in pieno sole per dieci giorni.
    Per preparare un'acqua dolce, speciale per profumare i vestiti durante la stiratura, si diluisce un cucchiaino di questo concentrato profumato in una bacinella di acqua da spruzzare sui vestiti durante la stiratura.

Pomander

Dal Medioevo fino al 18° secolo ebbe grande diffusione il pomander, un contenitore per profumo fatto generalmente di metallo traforato allo scopo di lasciar traspirare la fragranza scelta. Alcuni pomanders erano oggetti raffinati, ornati con gemme preziose: in Francia venivano talvolta realizzati in cristallo o in onice.

Chiunque poteva permettersi un pomander: non solo per l’evidente scopo di mascherare la cattiva igiene, ma anche perché si credeva che i profumi avessero un potere medicinale, tale da assicurare persino la protezione contro la peste. Dal 14° al 17° secolo, questi contenitori di profumo erano solitamente appesi al collo o alla cintura.
Questi oggetti erano tipicamente a forma di pera o di mela, dal francese “ambre du pomme”, mela ambrata.

I pomanders venivano riempiti con una miscela di diverse sostanze resinose. Qualche modello aveva più sezioni, per inserire diversi profumi e a volte un compartimento con una spugnetta imbevuta di aceto balsamico. Anche una noce moscata con una montatura d’argento veniva usata come pomander e a volte la frutta veniva svuotata e farcita di erbe, aromi e spezie.

Materiali spesso utilizzati nei pomanders sono benzoino, storace, gomma arabica, laudano, radice di iris, musk, zibetto, ambra grigia, noce moscata, chiodi di garofano, cannella, lavanda, olio essenziale di rosa, aloe vera, canfora, dragoncello, rosmarino, nardo.
Le corporazioni dei Mestieri

La nascita delle arti, corporazioni di mestieri, sorte fra la fine del 12° e l’inizio del 13° secolo, favorì in larga misura lo sviluppo della vita economica, politica e sociale in tutta Europa. Organizzate secondo un sistema che prevedeva il raggruppamento dei suoi membri in categorie lavorative, all’interno delle quali venivano difesi gli interessi comuni e promossi gli scambi commerciali, tali corporazioni furono favorite alla nascita dall’intensificarsi dei traffici commerciali e dal ramificarsi di sempre nuove attività.

A Firenze, le sette Arti Maggiori più ricche e potenti, si divisero dalle quattordici meno importanti, chiamate Arti Minori. Dalla seconda metà del 13° secolo, però, quando le singole arti acquisirono maggiore importanza politica vennero introdotte anche le Arti Mediane. Le Maggiori corrispondevano alla classe dei ricchi mercanti, banchieri e artigiani, oltre a professionisti come medici, pittori e giuristi; appartenevano alle Mediane beccai, calzolai, fabbri, intagliatori di pietra e di legname e i rigattieri. Infine, delle Minori facevano parte i mercanti al minuto e i manovali. Tra tutte le arti, la più attiva e potente fu quella della Lana che già dalla seconda metà del Quattrocento dovette contendere il primato all’emergente arte della Seta.

L’entrata in una corporazione era regolata da precise condizioni: solo i figli legittimi di un membro, che avevano dimostrato con un’opera perfetta di conoscere il mestiere e che pagavano la tassa, potevano accedere all’Arte. Compito principale delle Arti era quello di mantenere il governo democratico della città, pur controllando e tutelando le proprie attività più strettamente professionali.



FONTE www.accademiadelprofumo.it

1 commento:

  1. Il termine "profumo" proviene dal latino per fumum, che significa letteralmente "attraverso il fumo". L'origine etimologica, quindi, va ricercata nell'utilizzo di alcuni oli e aromi essenziali, come l'incenso, che venivano bruciati in offerta a dei e antenati.
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    Antico Egitto - Coni con profumo
    Presso le civiltà antiche le fumigazioni erano praticate a fini sacri, per inviare messaggi al cielo, come vettori delle orazioni rivolte agli dei o alle persone care scomparse. Ancora oggi costituiscono un supporto per la preghiera, per la meditazione e come pratica purificatrice in tutti i maggiori culti religiosi. L'esecuzione della fumigazione è tutt'oggi alla base della moderna aromaterapia.
    Non si può datare con certezza la nascita del profumo, anche se l'archeologia ci fa sapere che accanto all'utilizzo del profumo come intermediario fra l'uomo e gli dei, quasi subito esso fu usato come strumento di seduzione e per la cura del corpo.
    Alcune ricerche condotte a Pyrgos, nell'isola di Cipro, hanno scoperto quella che si crede la più antica fabbrica di profumi del Mediterraneo. Durante gli scavi, iniziati nel 1997 e durati otto anni, sono stati rinvenuti reperti risalenti al XX secolo a.C. di una fabbrica adibita alla produzione d'olio d'oliva e al suo impiego nei settori cosmetico, medico-farmaceutico e tessile. La varietà delle essenze messe sul mercato dalla "preistorica ditta" era davvero ampia per quei tempi: mirto, lavanda, cinnamo, rosmarino, origano, alloro, coriandolo, prezzemolo, mandorla amara, camomilla e anice.

    E' l'antico Egitto, però, a fornirci la prima vera testimonianza dell'utilizzo del profumo. Qui il profumo è sempre presente nei templi e nei rituali religiosi: purifica il corpo e la mente della persona in vita ed è parte integrante del rito dell'imbalsamazione dei defunti. Per gli egizi i profumi sono soprattutto l'emanazione del "sudore divino", ciò che unisce il popolo alle divinità.
    Al significato magico-sacrale se ne somma poi uno più profano, legato all'arte del sedurre. Le donne egizie si spalmavano sul corpo balsami e oli profumati, distribuivano sui capelli pomate aromatiche. La regina Cleopatra esaltava il proprio fascino e la propria bellezza con unguenti e oli profumati. Fu lei ad accogliere Marco Antonio, al loro primo incontro d'amore, in una stanza cosparsa di petali di rosa dove bruciavano incensi ed erbe aromatiche.
    Il profumo più utilizzato dai faraoni e dalle loro consorti è il Kyphi, un composto formato anche da più di cinquanta essenze. Plutarco scrisse che il Kyphi aveva il potere di «favorire il sonno, aiutare a fare dei bei sogni, rilassare, spazzare via le preoccupazioni quotidiane, dare un senso di pace».
    Tra i numerosi ingredienti utilizzati in questa antica fragranza, erano presenti il pistacchio, la menta, la cannella, il ginepro, l'incenso e la mirra. L'incenso (Boswellia sacra) e la mirra (che si ricava dalla Commiphora burseraceae) erano le due resine più note nell'antichità.
    Accanto al valore religioso e sociale, i profumi nell'antico Egitto assunsero anche un rilievo diplomatico: le essenze profumate erano molto preziose e i faraoni ne facevano dono ai sovrani alleati.
    Più tardi i profumi entrarono nell'uso quotidiano anche di nobili, funzionari e cortigiani. Fu così che gli schiavi ebrei vennero a conoscenza di alcune formule, dedicandosi, una volta liberi, alla produzione e al commercio di questi prodotti aromatici. Tuttavia, presso il popolo ebraico l'utilizzo delle essenze profumate era già diffuso. Anzi, nella mistica ebraica l'odorato è descritto come l'unico senso che dà piacere all'anima, mentre tutti gli altri sensi danno il piacere al corpo: quindi il profumo avvicina a Dio, ma è anche segno di onore e di riconoscenza. FONTE: storiain.net

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